Artmaker

Exhibition at Toolbox

26th/28th May 2017

Il nostro obiettivo con il kit di strumenti dello Share Festival è incoraggiare il lavoro creativo nell’arte tecnologica.

Gli artisti tradizionali hanno negozi di forniture artistiche ben organizzati. Ma se volete creare le forme d’arte che più ci piacciono allo Share Festival – arte interattiva, arte cinetica, net.art, installazioni, device art ed interventi multimediali – non avete posti assortiti per andare a trovare gli strumenti.

Le nostre opere preferite vengono comunemente realizzate in officine meccaniche, fab lab, atelier di design e studi di ricerca e sviluppo: luoghi grandi e spaziosi odoranti di segatura con taglierine laser e stampanti 3D. Siamo a nostro agio con quelle realtà, ma con la borsa Artmaker cerchiamo qualcosa di più personale, in armonia con le esigenze dei tecnologi-creativi le cui opere sono messe in mostra negli spettacoli come i nostri. In tutto il mondo.

I set di strumenti trasportabili “con sé ogni giorno” non sono una nuova idea, quindi allo Share Festival ne abbiamo ricercati parecchi su vasta scala. Poi li abbiamo selezionati per incontrare le esigenze pressanti del nostro popolo tech-art astuto e sofisticato.

La sicurezza dovrebbe avere la priorità (anche se accade raramente), pertanto molti di questi strumenti manuali sono testati nella durata, stabili nella forma e radicati nella tradizione italiana delle attività manuali. Le attività manuali domestiche delle donne sono prese in grande considerazione.

Non ci sono utensili elettrici nella borsa Artmaker perché, sebbene ammiriamo davvero le presse di perforazione e le seghe elettriche, riteniamo che strumenti pesanti e ad alta tensione siano meglio impiegati in un ambiente di studio controllato. Al contrario, disponiamo di strumenti per l’elettronica leggera e la meccanica di precisione, per la manutenzione e la riparazione di opere d’arte e per esercizi di prototipazione. L’Artmaker è un set di strumenti che potreste prendere in periodo sabbatico; non può fare tutto, ma è ispiratore, a misura d’uomo, un piacere da usare e può gestire molte cose. Se siete insegnanti, questo è un insieme di strumenti che potrebbero fare bene nei progetti di classe.

Di solito le persone che inventano i set di strumenti vogliono venderli. Noi non lo facciamo. Siamo un festival culturale e vogliamo condividerli. Così abbiamo assemblato un’intera dozzina di queste borse di strumenti Artmaker e li abbiamo offerti come doni personali ai sostenitori dello Share Festival.

Abbiamo chiesto ai creativi che rispettiamo di utilizzare gli strumenti Artmaker per creare opere d’arte per lo Share Festival 2017. Le opere risultanti verranno esposte pubblicamente a Torino per mostrare che cosa si può fare con un set di hardware che può essere portato a tracolla.

Siccome questi strumenti sono autenticamente utilizzati per le opere d’arte, siamo piuttosto sicuri che riceveremo molti suggerimenti per migliorarli. Miglioreremo i kit Artmaker; accetteremo consigli con gratitudine e assembleremo versioni migliori. Ma non li venderemo. Ci piace l’idea di un set di strumenti di lavoro che non è mai disponibile in commercio e viene presentato nel mondo come un gesto formale di rispetto artistico.

La borsa Artmaker dello Share Festival dovrebbe essere personalizzata e fatta girare. Dovrebbe fare in modo che il creativo che la possiede si senta più autentico, espressivo e tenuto in gran conto. Speriamo che la borsa Artmaker venga premiata; non perché è un premio d’arte, ma perché è un atto di sostegno morale.

Bruce Sterling

Bruce Sterling / Bruno Argento

Tribute to Nelly Ben Hayoun

‘Tributo a Nelly Ben Hayoun’ è una scultura motorizzata che reagisce in tempo reale alla fama del designer speculativo francese Nelly Ben Hayoun. Più spesso il nome di Nelly è menzionato dai suoi fan sui social media, tanto più il ventilatore motorizzato soffia, causando il movimento della scultura in una delicata brezza creata dalla crescente reputazione di Nelly come star di design internazionale “Tributo a Nelly Ben Hayoun” è un regalo dell’artista a un amico personale. Questa opera open-source è stata creata al Fab Lab Torino con i tecnici esperti di Officine Innesto.

Bruce Sterling è uno scritto americano, giornalista, critico di arte tecnologica e uno dei direttori di Share Festival

Sergio Barboni

Vanity Mirror

Vanity Mirror è uno specchio magico a comando vocale. Lo spettatore si posiziona in un punto opportunamente indicato di fronte all’opera (70-100 cm). Pronunciando la parola ‘Vanity’ lo specchio si illumina delineando una sequenza continua di lettere. Con la parola ‘Mirror’ lo specchio si spegne e torna a riflettere le immagini. Necessita di collegamento elettrico, ambiente sufficientemente silenzioso (possibilmente separato), luce ambientale a media intensità, ‘istruzioni per l’uso’ prima dell’opera.

Vive e lavora a Torino. Sergio Barboni si occupa da sempre di temi che esplorano e denunciano gli abusi di potere della Società Contemporanea sulla dimensione sociale. Grazie alla sua eclettica formazione ha potuto fare esperienza con varie tecniche e materiali spaziando tra scultura, installazione e design. Predilige l’utilizzo e la trasformazione di materiali riciclati che re-interpretati acquistano una nuova identità.

Fabio Battistetti

Stammi Vicino

I vasi in terracotta riproducono il simbolo dello stand by e contengono una pianta della famiglia della brassicacee, che ha la capacità di assorbire i metalli presenti nell’aria o nella terra. Il simbolo stand by è in realtà utilizzato come tasto di accensione e spegnimento nei dispositivi elettronici che utilizziamo quotidianamente, senza prestarci più attenzione. La tecnologia è oramai insita dentro di noi. Stammi vicino è spegnere la tecnologia ed accendere noi stessi, attraverso il prendersi cura di una pianta.

Fabio Battistetti è un’artista sonoro e visuale che opera in una modalità di ibridazione delle proprie attività creative, all’interno di un percorso di relazione con l’ambiente naturale inteso come luogo in cui interagire. Il suo approccio artistico è empatico e di interconnessione tra svariate influenze che vanno dal glitch ai frattali, passando per il minimalismo.

Serena Cangiano

Connected Four

‘Connected Four’ è una versione autonomatica e connessa al web del famoso gioco da tavolo Forza4. In Connected Four i giocatori sono concetti, persone, cose e sistemi codificati agli opposti di una scala di valori. Il gioco propone la sfida eterna tra questi valori e l’impossibilità di comprendere le regole del gioco segretamente criptate nella scatola nera che controlla le partite.
I giocatori e le loro mosse sono generati da hashtag di Twitter. Il gioco è eterno, ma attraverso il web è possibile controllare il punteggio e chi tra i due giocatori detiene temporaneamente la misteriosa vittoria.
La scatola nera genera le regole del gioco che, come le regole dei grandi sistemi (es. la politica, la guerra, l’informazione sui media, le statistiche basate su big data) non sono trasparenti e condivisi con le persone.
Media: Forza4, plexiglass, luci LED neopixel, legno, support in ABS, Twitter, algoritmo misterioso

‘Connected Four’ è stato progettato da un collettivo di interaction designer e sviluppatori basato in Svizzera e composto da Serena Cangiano, Fabian Frei e Marco Lurati. I tre designer sviluppano progetti di installazioni interattive, sistemi di machine learning, elettronica DIY e digital fabrication applicando approcci legati al mondo open source e maker.

Carlo Galli

Ritratto di Generale

Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare
preparare la tavola,
a mezzogiorno.
Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per sentire.
Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte
né per mare né per terra:
per esempio,
la guerra.
(Gianni Rodari)

‘Ritratto di Generale’ realizzato sovrapponendo diversi strati di rete da recinzione cuciti tra loro con filo di nylon. L’opera è inserita all’interno di una cornice di rovere munita di un sensore ad ultrasuoni che la rende interattiva. Infatti lo spettatore quando si avvicina attiva, in modo graduale, una contro pannellatura di led posta all’interno della cornice. L’effetto di retroilluminazione omogenea trasforma l’opera rendendo il ritratto più nitido e con un’ aurea sacrale.

Dal 2005 si occupa di arti visive. Vive a Milano, dove insegna belle arti. Rappresenta lo spazio tridimensionale creando un ponte tra intervento e meditazione. Nella sua carriera ha sviluppato diversi tipi di abilità, una propensione per il grottesco e l’irriverenza verso ciò che è considerato superiore o sacro. Va alla ricerca di un genere di comunicazione capace di trasmettere informazioni a ogni interlocutore e gli interessa condividere messaggi semplici e chiari che raggiungano tutti, ovunque.

Alessandro Sciaraffa

L’ombra del mare

L’ombra del mare interroga il rapporto tra la luce e il suono, tra la scultura e la performance.
Il suono bianco, come per la luce bianca, trattiene in se tutte le frequenze udibili o tutte le informazioni visibili.
Utilizzando l’ombra è possibile modellare il rumore e trasformarlo nel suono del mare.
Un circuito fotosensibile posizionato a parete, trasforma un semplice gesto in musica. Supporto tecnico Angelo ‘Motor’ Comino.

Nato nel 1976 a Torino, dove vive e lavora. Si laurea in Architettura al Politecnico di Torino, studia alla Fondazione Spinola Banna e si diploma al corso Designing the exhibition alla Domus Academy di Milano.
Vincitore di premi nazionali e internazionali, ha esposto a Torino alla Fondazione Merz, alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea e alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.
La sua ricerca è incentrata sulla sperimentazione sonora e musicale con una forte connotazione performativa, scultorea installativa.

Diego Scroppo

Solo suoni d’estate

‘Solo suoni d’estate’ è un’opera sonora e luminosa che riproduce l’atmosfera di una sera d’estate in un luogo al limite tra orto e bosco. Mentre il suono diffuso riproduce l’animata vita notturna fuori città – un brulicare di rumori e suoni prodotti da innumerevoli animali e piante di ogni specie e dimensione, che sembrano produrre musica- la coreografia luminosa rievoca il lucore che si manifesta in queste chiare notti estive, volando e strisciando, ad intermittenza.
L’intento è quello di evocarne la poesia cromatica e sonora rimanendo al limite del paradosso tra l’estate, stagione luminosa per eccellenza, e l’inverno.

Diego Scroppo nasce a Torino nel 1981 dove si diploma all’Accademia Albertina di Belle Arti nel 2005. Tra le esperienze più significative uno stage di formazione curatoriale Presso Unidee Città dell’arte, Fondazione Pistoletto a Biella e un progetto artistico in collaborazione con l’istituto LeFresnoy di Lille. Fa parte del gruppo di studenti della Fondazione Spinola Banna per l’arte. Ha al suo attivo due mostre personali presso la galleria Guido Costa Projects e due presso il suo “ghost space” e varie mostre collettive internazionali tra cui la Biennale di scultura di Carrara “Nothing but Sculture” nel 2008, la Biennale Internazionale dei giovani artisti alla RuArts Foundation and Gallery of Contemporary Art di Mosca nel 2008 e Videocontaminazioni. Fiction/Reality, al Castello di Rivoli, Museo d’Arte Contemporanea nel 2015.
Silvia Mangosio, 1988. Diplomata nel 2010 in fotografia all’Istituto Europeo di Design di Torino, si iscrive in seguito al Master di Alta Formazione sull’Immagine Contemporanea di Fondazione Fotografia a Modena. Nel frattempo, partecipa a una breve residenza sul colle del Gran San Bernardo con il Mountain Photo Festival di Aosta ed a una residenza di sei settimane a Edimburgo presso Stills Gallery. Il progetto conclusivo del percorso biennale del master, Memoriamatic, vince nel 2013 il secondo premio Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, e da allora partecipa a svariate mostre collettive. Nel 2013 e nel 2016 è tra i finalisti del Premio Francesco Fabbri per le Arti Contemporanee. Attualmente vive e lavora a Torino.